È la serata delle celebrità a Villa Astolfi. Tutti sono accorsi per il compleanno della nota Giovanna Ligli, già coniuge del marchese Astolfi di Roccabianca. Il catering è di prima qualità, e non mancano cibi esotici dai nomi improbabili a dar colore alla tavola, come la famosa crema di barbabietole scottata al caviale delle Isole Imperiale, cavallo di battaglia del grande chef Corrini, assoldato per la serata con un cachet che rasenta il disgusto. Anche il servizio è eccellente: camerieri in marsina bianca dall'aria pinguinica sgambettato qua e là, sputando solo di nascosto nel punch degli invitati e sempre con rigorosa classe. La musica è appropriata alla serata: la giovane cantante dalla voce baritonale si sta esibendo in “Wuthering Heights”, un grande brano del tempo che fu: seguirà un pezzo neo-melodico di Hayley Westenra.
Varie le personalità che si sono presentate. Da quella parte la zona dei blasonati: marchesi, conti e baroni, decrepiti e decaduti, ma sempre fieri di ostentare il titolo. Sono vestiti con i loro abiti da cerimonia migliori, adorni di medaglie ricevute per guerre mai combattute e stemmi sfarzosi stracolmi di ghirigori di cui si è persa l'origine nell'araldica e negli intrecci fra famiglie. Fanno loro compagnia le mogli, sepolcri impomatati, ingioiellate di bracciali e collane che smerciano per Bulgari ma tutti sanno che si tratta di paccottiglia senza valore. Chiacchierano fra loro dell'ultima guerra (non si è mai capito quale), della morte dell'ultimo della famiglia Parisi, che dall'alto dei suoi freschi novant'anni ha lasciato tutto in eredità al suo cane, e del seno palesemente rifatto della Ligli, aumentato di una misura in maniera inspiegabile.
Là ci sono gli imprenditori sulla quarantina, gli uomini arrivati. Vestiti con il loro doppio petto in simil-raso e ricoperti di pelle abbronzata post lampada, non si preoccupano troppo di quello che accade loro intorno, sono lì per far scena e società. Arrivano alla festa con il loro Land Rover e passano il tre quarti della serata attaccati al loro cellulare a imprecare con il loro broker che gli sta dicendo che le quotazioni del riso parboiled sono salite e quelle dei film della Gray sono scese, il che fa pensare. Niente oltre i trenta per loro: le signore (o signorine, ma il termine sembra già azzardato) che li accompagnano sono solitamente bionde, uno e settantacinque, terza di seno (è bene non esagerare), sedere sodo, tacco sedici rigorosamente a spillo e labbra rosse sangue Transilvania. Girano con il marito rispondendo ai saluti che vengono loro rivolti: “Ma chi era quello lì?” “Cazzo so, te saluta, non si sa mai” borbottano alle consorti con un sorriso stampato sul volto.
Ecco infine il reparto dei fighetti sotto i trenta. Li si riconosce facilmente per due fattori: il primo è il nauseabondo odore dei profumi di cui sono letteralmente ricoperti, fragranze dal nome decisamente francese come “eau de toilette”, “eau de eau” e seguenti: quello che si viene a creare è un miscuglio pantagruelico di cacofoniche essenze che ammorba l'aria e nasconde eventuali odori dolciastri. Il secondo sono le acconciature, solitamente zazzera centrale e rasato gulag ai lati, con eventuale disegno tribale che fa sempre moda. Sono lì per bere, o con la speranza di rimorchiare, magari anche la moglie dell'imprenditore, ancora occupato con il broker (che ormai si è rotto e vorrebbe riattaccare in faccia all'idiota). Occupazione principale: tirare qualche striscia di bianco con la cannuccia nell'attesa di tempi migliori.
Qualche piacevole evento ha dato colore alla serata. Il commendator Facchini, che stazza per i centotrenta, ha improvvisato un passo robot anni settanta sulle note di una noto pezzo d'elettronica: in seguito si è accorto che i pantaloni del completo si erano strappati mostrando le simpatiche mutande a pois rosse: nessuno ha creduto fossero un regalo della moglie.
Alle dieci un tafferuglio ha smosso le acque. Il procuratore Cartini ha esordito contro l'avvocato Allivi con un sonoro “Mafioso, se ne vada!”. È scoppiata la lite fra i due. Alla base pare ci fosse un vecchio conto in sospeso fra i due per l'appalto della tangenziale Est. Allivi ci aveva messo le mani sopra smerciando sigarette agli alti funzionari e trombandosi la moglie del procuratore. Alle dieci e un quarto gli astanti hanno fermato la cosa e tutto è finito in allegria, anche se molti si sono preoccupati per la dichiarazione finale dell'avvocato, “Tanto il divano di casa tua si è rivelato molto comodo!”.
Non sono mancate le iniziative da parte della padrona di casa. Alle undici il famoso gruppo di danzatori tribali “Tegucialpa” si è esibito nelle danze tribali della propria etnia, contornando anche con qualche passo di Madonna. Alle undici e mezza, spettacolo circense della famiglia Penciulescu: pare che il giocoliere abbia fatto finire per sbaglio una delle sue bocce fra quelle della signorina Caslieri, di prosperose forme in lamè nero. La signorina, visibilmente imbarazzata, è corsa via. Fonti vogliono che il malcapitato giocoliere fosse atteso all'uscita e pestato dal marito della Caslieri e dai suoi amici, per vendicare “l'onore della moglie”.
Finalmente l'evento che tutti aspettavano. A mezzanotte le luci sono calate, la macchina del fumo ha sparso i suoi miasmi solforei per l'aria e il palco liberato per fare posto alla vera star della serata. Zondini, il mago.
Zondini, noto prestigiatore osannato dalla folle e illusionista di grande fama, nonché uomo di mondo, si è presentato alla festa per rendere omaggio alla Ligli. Reduce dalla suo tournè in giro per il mondo che lo ha visto protagonista del suo spettacolo “Zondini, The Fantabolous Man”, fruttatogli almeno quattro milioni, ha voluto allestire qualche effetto per stupire i presenti.
Eccolo, in giacca nera. Nient frac o cilindro, è un mago moderno lui, un affabulatore di masse, un sensitivo della mente, un fine maestro della scena.
“Vi prego signori, prestate attenzione alle mie mani” esordisce,
”da un momento all'altro, potreste vedere apparire oggetti strabilianti: non perdete la concentrazione“. E così dicendo materializza dal nulla un piatto di peltro. Copre il piatto con un panno di seta rosso scarlatto e come se nulla fosse, sotto gli sguardi increduli dei presenti, lo lancia in aria: il piatto non c'è più. Ecco ora che iniziano ad apparire le carte. Zondini le fa apparire dall'aria come lucciole sulle sue dita: le lancia, le sdoppia, le mangia, fa cambiare loro colore e le fa sparire nella tasca del senatore De Franceschi in un tripudio di magia da far invidia a Vernon e Downs.
È la volta del famoso pezzo della banconota strappata e ricostruita. Con gran classe Zondini chiede una banconota da cinquecento ad uno degli spettatori. Tocca al malcapitato dottor Berti scucire il tanto sudato denaro, a detta dei presenti guadagnato con un traffico illecito di milze. Zondini gliela fa firmare, poi prende la banconota, la mostra e con un gesto plateale la brucia con un fiammifero. Berti sviene. Ma ecco che il nostro prende dal cesto del catering rigurgitante profumata frutta una bella e prosperosa arancia; la mostra ai presenti: è intera e senza segni di manomissione. Fa un buco con la sua stilografica e, miracolo dei grandi maghi, tira fuori la banconota nella sua interezza, con tanto di firma del dottore, nel frattempo rinvenuto e felice per il suo stipendio integro.
Alcuni piccoli giochi. L'anello della moglie del conte Bari viene fatto sparire e ritrovato nel dito della marchesa Gheri. Si sospetta che in verità il mago non c'entri nulla e che il conte abbia un giro d'amore con la marchesa.
Grande effetto finale. Zondini prende un grande telo e copre un tavolo sul palco. Magia et maraviglia, toglie il telo e il tavolo scompare. Verrà ritrovato un paio di ore dopo nelle cucine.
Il mago saluta, tutti applaudono, eccetto uno, quello scassaballe dell'avvocato Filiberti. Ne sa una più del diavolo, lui, sopratutto dopo lo scandalo del racket di cubani che lo ha visto vincere in tribunale: risultato, un milione di euro per calunnia.
“Sì, però sono cose già viste, un po' trite e ritrite. La banconota poteva già essere pronta o facilmente sostituita, il tavolo caduto nella botola sotto il palco. Ci stupisca con qualcosa di realmente magico, suvvia!!”
Zondini è ferito nell'orgoglio. Lui, definito un mago da quattro soldi? Non sia mai.
“Bène, ho giusto qui qualcosa che vi piacerà. È un inganno dei sensi che mi ha insegnato un santone durante un viaggio in
India”; sono tutti rapiti dalle parole del mago: “Ora scriverò su questo foglio una previsione, lasciatemi concentrare!” Il mago chiude gli occhi e porta le mani alla fronte. Tutta scena, pensa Filiberti, stiamo a vedere cosa ci propina. Zondini apre gli occhi e scrive qualcosa su un foglietto che piega accuratamente e mette dentro una scatola.
“Vorrei chiedere alla padrona di casa se può portarci cortesemente un mazzo di carte. Dovrebbe averne almeno uno”. La Ligli annuisce e ordina ad un cameriere di andare a vedere nel mobile in sala, lì dovrebbe esserci un mazzo di francesi. Torna e consegna il mazzo a Zondini, che però rifiuta di prenderlo: “Non voglio toccare queste carte. Avvocato, le prenda e controlli che siano a posto, non truccate o trattate”.
L'avvocato controlla e annuisce: nessun trucco, nessun inganno.
“Peschi una carta, avvocato, una qualunque a sua completa e libera scelta e se la ricordi attentamente. Poi la rimetta nel mazzo, dove vuole lei”. Filiberti prende una carta insospettabile e la guarda, poi la rimette a posto a circa tre quarti del mazzo.
“Mescoli il mazzo”, l'avvocato mischia in tutti modi: all'italiana, all'americana (è un buone giocatore di poker), con il salto ebreo. Non si lascia infinocchiare lui, sa quello che fa. La carta è realmente persa nelle viscere delle mazzo e nessuno, a parte l'avvocato, può sapere quale essa sia.
Zondini prende allora la scatola, la apre, ed estrae il foglietto piegato con la previsione. Lo apre e lo tiene rivolto verso di sé.
“Avete tutti visto chiaramente che io non ho mai toccato il mazzo, né ho mai sfiorato la carta di Filiberti. Sono sempre stato qui, fermo. Ho solo scritto qualcosa su un foglietto prima che lui scegliesse tale carta, una predizione dettatami dalla forze arcane della magia.” attimi di pausa, suspence alle stelle.
“Avvocato, la prego, può dirci qualche carta aveva scelto?”
“Mi era capitato il sette di cuori” risponde spavaldo.
La tensione sale al cardiopalmo. Zondini guarda negli occhi l'avvocato e i restanti, ormai in preda ad una visibile ansia, sorride compiaciuto e gira il foglio. A grandi lettere compare la scritta: “Sette di cuori”. È accaduto il miracolo: la folla esplode in uno scrosciante applauso, l'avocato è esterrefatto. “Te l'ha fatta Filiberti!” esclama alcuni, “Ci hai provato a fregare il mago!” dicono altri. Il mago lancia in aria la previsione con un sorriso smagliante e fa un inchino, poi un altro, mentre ancora il pubblico lo osanna. Scende dal palco con una calma invidiabile e un leggero accenno di sorriso, scosta chi gli chiede un autografo e si allontana nella notte, da solo.
Giunto ad una distanza ragguardevole, ormai fuori dalla visuale di tutti, esce dal cancello della villa, tira un sospiro di sollievo, si slaccia il colletto guardandosi intorno ed esclama fra sé e sè:
“Che botta di culo, ho tirato completamente a caso”.