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L'inganno di Amphail

II parte

Ciò che segue è frutto dell’immaginazione condivisa di sette giocatori di Dungeons & Dragons. Basato su un’avventura home-made introduttiva alle regole della 5° edizione, il racconto che ne è scaturito è una sorta di “linearizzazione di tutti i mondi possibili”, perché semplifica e rende uniche le scelte operate dai giocatori nell’ambiente creato per loro dal Master. L’avventura, nata come one shot (cioè da completarsi in una sola sessione di gioco), si è rivelata poi più lunga. Da qui l’idea di tradurla in un racconto per il gusto dei lettori.

«Insomma, volete sbrigarvi?» chiede l'incappucciato seduto al bancone a braccia incrociate.
Per tutta risposta il dragonide, Rhogar, lo guarda dal tavolo e mastica più rumorosamente il pezzo di formaggio della colazione, sorridendogli bonario. L'incappucciato sbuffa e si gira.
«Qualcuno di voi ha per caso ha già fatto un giro per Amphail?» chiede il nano Talinn.
Merric scuote debolmente la testa mentre continua a spalmare del miele sul suo pezzetto di pane nero.
«Dovremmo chiedere in giro qualche informazione sul Governatore Kairtos prima di presentarci al maniero. Avete già preso tutto?» esclama Rhogar.
Thork annuisce a braccia conserte. Gli abiti da popolano hanno lasciato il posto alla cotta di maglia e allo scudo, appoggiato alla colonna di legno vicino al tavolo, e in questa veste il mezz'orco è molto più spaventoso. Merric indossa un semplice corpetto di cuoio leggero, il liuto dietro la schiena e uno stocco adeguato alla sua altezza sul fianco destro. Talinn ha già finito di mangiare e sta brigando per indossare la cotta di maglia dopo averla adeguatamente lucidata.
Finita la colazione, il gruppetto si sposta all’esterno della Luna Piena. La giornata è uggiosa e una flebile brezza d’aria calda soffia sulla piazza del villaggio gremita. Amphail si è svegliata già da qualche ora e dovunque si possono vedere i contadini che trasportano carri di fieno o donne con in mano un cesto d’uova. Un ubriacone ciondola e va a sbattere contro le galline, che crocchiano infastidite dall’intrusa presenza. Di tanto in tanto una coppia di guardie della milizia cittadina attraversa a gran passi la piazza, la mano sulla lancia e l’occhio sulla gente.
«Che si fa? Raccogliamo qualche informazione?» chiede Rhogar.
«Andate pure!» esclama Talinn con la sua voce acuta «io vado di là: ho visto un edificio che potrebbe interessarmi, poi vi raggiungerò!».
Il nano si congeda con un rapido cenno della mano e si avvia verso la parte Nord-Est del villaggio. «Per quanto mi riguarda, raccoglierò le informazioni che mi servono dalle chiacchiere di questi bifolchi, voi andate dove più vi piace!» sibila l’incappucciato prima di scomparire fra la folla senza nemmeno guardarsi indietro.
Rhogar sospira.
«Ci converrà fare un giro dai commercianti: di solito sono i più informati» esclama Merric.
«Sappiamo dove si trovano?» chiede il dragonide.
Merric annuisce:
«L’abbiamo chiesto io e Talinn stamattina, prima che voi vi svegliaste… almeno credo! Si sentivano vari rumori dalla tua camera, Rhogar, non dormivi?».
«Ah sì, sì…» esclama guardingo «Ci… muoviamo nel sonno, ecco! Ma non distraiamoci, quella laggiù dovrebbe essere la bottega del fabbro!» e allunga il passo.
«Ma tu hai capito perché parla sempre al plurale?» chiede Merric a Thork.
Il mezzorco alza le spalle in uno sbuffo e poi si dirige verso un’insegna composta da un’incudine, sotto la quale si stagliano chiare e adamantine le lettere “Fergus Rippa, Fabbro”. Come se questo non bastasse a fugare ogni dubbio, sotto ad una tettoia un barbuto uomo sui quaranta, vestito solo di un paio di logori pantaloni verdastri e un grembiule marrone che lascia scoperti gli enormi muscoli delle braccia e parte del petto villoso, sta battendo senza sosta un martello sopra un pezzo di ferro incandescente che sprigiona scintille ad ogni colpo: d’improvviso il nerboruto fabbro immerge la lama dentro una botte d’acqua ghiacciata, riempiendo l’aria vicina di fumo nero.
Quando il fumo si dirada, il gruppetto si fa avanti mentre Fergus si asciuga la fronte sporca di fuliggine mista a sudore.
«Avventurieri! Benvenuti nel mio negozio. Inutile che vi presenti la mia merce, la qualità delle mie armi parla da sola. Se vi serve aiuto, io sono qui» esclama bonario il fabbro, ricominciando a battere la lama sopra l’incudine.
In effetti il negozio, più che altro un piccolo antro scavato nella costruzione di pietra, è una vera e propria esposizione di armi appese in ogni dove con piccoli chiodi quasi invisibili, sì che sembri che ognuna di esse si regga su come per incanto: spade, lance, spadoni, martelli da guerra e perfino maestose asce bipenni si impongono dovunque alla vista dell’avventore.
Mentre Thork e Merric osservano la merce, Rhogar si avvicina a Fergus, ancora più sudato di prima.
«Un lavoraccio, eh? Ma ne vale la pena! Interessa qualcosa?» chiede sorridente il fabbro. «Sì… cioè, speriamo! Daremo un’occhiata alle armi, ma prima volevamo farle qualche domanda» esclama il dragonide.
Fergus esplode in una risata: «Avventurieri! Sempre in cerca di armi! E quando le hanno trovate, ecco che vanno in cerca del migliore modo per usarle. Dimmi, cosa vuoi sapere?».
«Niente di particolare: è successo qualcosa di strano negli ultimi tempi qui al villaggio?».
«Mah!» esclama il nerboruto omaccione corrugando la fronte e alzando gli occhi al cielo «che io sappia nulla di che. Qualche furto qua e là, qualche scambio fra contadini finito in lite, questo genere di cose… ah sì! Gira voce che Dert, uno dei contadini delle campagne a Nord sia fuggito con una sua vecchia fiamma, una bionda dei tempi delle osterie. È sparito da almeno due settimane, lasciando moglie e figli. Non lo biasimo, dicono lo trattasse malissimo la signora!».
Rhogar si mordicchia il labbro: «Ah, interessante! e si sa altro di questa vecchia fiamma?».
«Ah, tu mi chiedi troppo. Ma in fondo è solo una storiella di tradimento, nulla che valga la pena di indagare. Mi viene in mente ora invece qualcosa che potrebbe interessarvi: Rorax l’artigiano che ha la bottega non troppo distante da qui ha avuto un guaio con un gruppo di banditi. Hanno occupato la sua proprietà fuori dal villaggio, una piccola fattoria. La milizia cittadina se n’è lavata le mani e ora quell’avaraccio non sa dove sbattere la testa!».
Rhogar abbassa le pupille, come se mentalmente si stesse segnando tutte quelle informazioni in un’immaginaria scheda.
«E del Governatore? Sapresti dirci nulla?» domanda alla fine.
«Che è un esoso! Nei primi tempi si è dimostrato buono e gentile ma ultimamente caverebbe soldi perfino dagli alberi pur di intascarsi qualcosa. Vedrete che Waterdeep non tarderà a lamentarsi se va avanti così: mi ci gioco tutte le asce bipenni che quello manda le briciole al governo centrale».
Rhogar arriccia le labbra e annuisce prima di riunirsi al gruppetto.
«Andremmo a fare un salto da questo artigiano, Rorax: non so quanto possa servirci, ma sempre meglio battere ogni pista! Andiamo?».
Thork annuisce secco e segue il dragonide, mentre Merric porge a Fergus una spada dall’elsa intarsiata ben più grande di lui:
«Quanto costa?».
«Trenta monete d’oro e ti porti a casa questo gioiellino».
«E se ti cantassi una bella serenata inneggiando ai tuoi possenti muscoli da fabbro?» chiede speranzoso il piccolo halfling.
Il fabbro lo guarda interdetto, poi scoppia in una fragorosa risata: «Beh, direi sempre… trenta monete d’oro!».
Merric appoggia delicatamente la spada e raggiunge gli altri, mentre il fabbro continua a ridere e a ripetere: «inneggiando ai miei muscoli! Ah!».
Entrando nel negozio di Kaplisto, il primo pensiero che passa nella testa a Rhogar è: buio. Una piccola bottegam in uno dei vicoli secondari del villaggio, annunciata dall’insegna di un piccolo topolino con un ingranaggio nella schiena. Due piccole vetrate di colore verde chiaro lasciano trasparire una luce fioca e paludosa all’interno, illuminando gli scaffali di legno scuro sopra i quali è esposta la merce: boccette e fiale, piccoli contenitori, ma anche utensili come martelli e picchetti, tende ripiegate con la loro paleria, sacchi e, appese alla parete, corde d’ogni diametro avvoltolate. Al centro, un piccolo tavolo espone oggetti più curiosi: piccoli giocattoli a molla come alcuni topolini simili a quello nell’insegna, ma anche carillon di pregevole fattura.
Thork prende in mano uno dei giochi e inizia a caricarlo con le sue manone.
«Vi prego di non toccare i giocattoli a molla!» esclama acuta una voce severa da dietro al bancone in fondo al negozio.
D’improvviso una figurina alta poco più di un metro compare alla vista degli avventurieri. Uno gnomo dai capelli bianchi e dallo sguardo arcigno sta passando in rassegna ciascuno di loro.
«Come le ho detto, non toccate i giocattoli a molla, sono particolarmente delicati» esclama alzando la mano e guardando Thork negli occhi. Il mezzorco obbedisce all’instante, colpito da tanto rigore. Lo gnomo ora accenna un sorrisino malizioso e anche la voce diventa più mielosa: «Dovete perdonare i miei modi, avventurieri, ma voglio che la mia merce sia nelle migliori condizioni possibili. Solo il meglio nella bottega di Rorax Kaplisto, al vostro servizio, naturalmente!».
In quel momento la porta della bottega si apre: l’incappucciato fa la sua comparsa, salutato come cliente dallo gnomo, e inizia a guardarsi intorno.
Rhogar sorride: «Naturalmente! Ma ecco, noi siamo a caccia anche di qualche altra cosa: informazioni! Abbiamo saputo che avete dei problemi con dei banditi».
Il volto di Rorax si fa più scuro mentre la mano si chiude a pugno: «Ah! Sempre a mettere becco nelle mie faccende questi popolani: chiacchiere, chiacchiere e nient’altro; e quando qualche contadinotta viene a comprare qualcosa, il baccano che fanno i figli che si porta dietro. E toccano tutto, quei disgraziati! Sì, sì, è vero, ho un problema con dei banditi, lurida feccia! Si sono appropriati di uno dei miei possedimenti fuori città e lo usano come base per le loro scorribande. La milizia di Amphail dice che non è affar suo, perché è roba fuori dalla loro giurisdizione!».
«Capisco… beh, potremmo liberarla noi da questo affanno».
Rorax squadra il dragonide e poi di nuovo il resto del gruppo, questa volta sondando non la ricchezza di ciascuno, quanto piuttosto la capacità di maneggiare un’arma. Poi, accarezzandosi il mento, esclama: «Si potrebbe fare! Ovviamente vorrete essere pagati…».
«Beh, non si fa nulla per nulla» risponde sorridendo Rhogar «Forse un pagamento adeguato potrebbero esser…»
«Quattro pozioni di cura» lo interrompe di colpo l’incappucciato.
Kaplisto sgrana gli occhi e poi sorride, beffardo: «Niente da fare! Quattro pozioni magiche non valgono tanto! Vi potrei offrire… trenta monete d’oro: da dividere, s’intende».
L’incappucciato si avvicina al bancone.
«Per quella cifra non sposto nemmeno un piede. Almeno due pozioni e trenta monete d’oro. A testa».
«Una pozione e basta!» esclama lo gnomo.
All’improvviso l’incappucciato sfodera un pugnale che punta verso Rorax. Rhogar scatta in avanti per fermarlo, ma questi interpone la mano.
Kaplisto sorride: «Non si va ad una festa di balestre con un pugnale!» e mentre dice questa frase estrae con la mano una minuscola balestra da sotto il bancone, puntandola contro il petto dell’altro. L’incappucciato abbassa il pugnale mentre Rhogar si frappone fra i due.
«Ringraziate che non chiamo la milizia» esclama Kaplisto «e che mi servite! Una pozione e uno sconto se ne acquisterete un’altra, ma non avrete altro da me!».
Rhogar guarda gli altri e poi scuote la testa in un cenno d’assenso.
«Ora, a meno che non vogliate comprare qualcosa, andatevene!» prorompe lo gnomo.
Tutti escono, ultimo in coda l’incappucciato, che si volta verso lo gnomo. Estrae nuovamente il pugnale e lo tiene sulla mano aperta. Poi sorride beffardo. Lentamente questo comincia a levitare, prima verticalmente, poi in direzione di Kaplisto, acquistando velocità e fermandosi, la lama puntata, a pochi centimetri dal viso dello gnomo. questi non batte ciglio; poi, di colpo, afferra il pugnale e lo mette sotto il bancone, facendo cenno all’incappucciato, ora serio in volto, di andarsene.
«Devi cercare di stare calmo!» esclama Rhogar al loro misterioso compagno di viaggio «Per colpa tua non siamo riusciti a chiedere nulla del Governatore!».
«Non osare parlarmi in quel modo, specie di lucertolone! Questa gente del Governatore non sa nulla che noi già non conosciamo! Qualche chiacchiera sulla sua recente brama di soldi, ma nient’altro. Ci converrà non perdere altro tempo e andare al maniero. Ah ecco il nano!».
La figura di Talinn si avvicina a lunghi passi fra la gente della piazza.
«Avevo ragione! Avevo ragione!» esclama tutto felice con la sua voce acuta e graffiante «l’edificio che avevo visto era proprio un tempio del dio Tyr! Un bell’edificio, anche se c’era un po’ troppa edera per i miei gusti. Il sacerdote mi ha permesso di pregare al suo interno e mi ha lasciato un obolo di due monete d’oro! Sempre gloria a Tyr, il dio monco!».
L’incappucciato alza le mani al cielo e, sbuffando, si dirige verso la costruzione più grande del villaggio. Su una bassa collina poco lontano dalla piazza centrale e dal resto dell’abitato, protetto da una palizzata di legno, un edificio rettangolare di due piani simile ad una villa in pietra si presenta agli occhi del gruppo.
«Dobbiamo vedere Kleisto per una disputa territoriale» taglia corto Rhogar alle due guardie davanti al portone.
La guardia lo squadra, poi fa cenno all’altra, che corre dentro. Pochi minuti dopo arriva il vice-governatore, più sobrio della sera precedente ma ancora molto agitato. Questi invita gli avventurieri ad entrare, negando alla guardia il permesso di prendere loro le armi, e li conduce in una stanza al secondo piano del palazzo, al quale si accede attraverso una grande scala nell’atrio principale.
Chiude la porta dietro di loro: «Bene, ormai siamo in ballo. Bene!» continua a ripetere come preso da altri pensieri, lo sguardo perso e la lingua che mordicchia il labbro inferiore. Poi esclama: «Ascoltatemi, mentre io vado a chiamare il Governatore, voi ripassate la vostra parte! Siate convincenti, prendete tempo, capite cosa sta succedendo!».
Di scatto si volta e attraversa la stanza, scomparendo dietro una porticina più piccola in fondo, sul lato destro.
La stanza è deserta. Due grandi paia di finestre si aprono sul lato sinistro e lasciano entrare una chiara luce. sul fondo, rialzato al centro di qualche centimetro, un piccolo seggio di legno spesso si staglia sul resto della sala, peraltro vuota. Solo le pareti di destra sono ornate con qualche arazzo ricamato di motivi floreali, sopra i quali sta lo stemma della città di Amphail, un gonfalone giallo-oro sul quale è impresso un gallo con la zampa sinistra alzata.
«Allora, Talinn potrebbe essere il proprietario del terreno che noi reclamiamo come nostro. Voi potete fare i… testimoni! I nostri servitori» esclama Rhogar indicando i tre dragonidi «staranno ovviamente dalla nostra parte».
«Oh sì, un mezzorco è il testimone più attendibile!» esclama l’incappucciato «e poi, chi ha detto che devi decidere tu?».
«Abbiamo poco tempo, amico. Se hai idee migliori, prego! Altrimenti penso che gli altri siano d’accordo...».
Il gruppo annuisce, in mancanza di altre proposte. l’incappucciato fa qualche passo indietro mentre tutti gli altri si preparano, sistemandosi armatura o vestiti e nascondendo per quanto possibile le armi più grandi.
Ecco, la porta si apre ed esce Kleisto, accompagnato da una figura poco più bassa di lui: è il Governatore Kairos Mellinar, un uomo di circa cinquant’anni, con pochi capelli neri, la barba rada che chiude il viso rotondo e gli occhi scuri. Indossa un abito rosso intarsiato d’oro che evidenzia la figura corpulenta ma non priva di una certa agilità nel camminare. Fa qualche passo in avanti, lo sguardo serio: poi, a pochi metri dal seggio di legno, il Governatore sgrana gli occhi e impallidisce: «Non mi avrete mai! Guardie! Guardie! Attentano alla mia vita!» urla con voce grave, poi atterra Kleisto con una spinta, facendogli sbattere la testa, e scappa dalla porticina dalla quale era entrato. Il gruppo è sconvolto, incluso l’incappucciato, ora ritiratosi dietro gli altri per paura dell’arrivo delle guardie, che non tarda a sopraggiungere: un manipolo di cinque miliziani entra nella stanza; uno di loro, vedendo il vice-governatore privo di sensi, si mette sulla difensiva, la lancia in resta, e, al grido di «Cani! Non avrete fuga facile! Per il Governatore!», si prepara alla battaglia, seguito dai suoi compagni. il gruppo estrae le armi.
D’improvviso, un raggio verde sibila nell’aria e colpisce una della guardie, tramortendola all’istante; il gruppo si gira: l’incappucciato abbassa il dito e si nasconde dietro il seggio.
Rhogar sbuffa, si volta e lancia un giavellotto contro il miliziano davanti a sè, che però schiva il colpo. Fendendo due rapidi colpi con la spada, il dragonide si lancia contro l’avversario: questi para il primo assalto, ma è troppo lento per reggere al secondo; il piatto della lama lo colpisce in testa, stordendolo. «Thork, Talinn, non ferite mortalmente! Merric, mira di striscio con le frecce!» urla Rhogar.
Il mezzorco estrae la morning-star e carica il soldato davanti a sé con tutta la forza in corpo, atterrandolo. La guardia però è svelta: lascia andare la lancia il tempo di rotolare, per poi recuperarla e colpire Thork al petto. Accecato dalla rabbia, l’imponente mezzorco tramortisce lo sfortunato con il manico dell’arma, colpendolo in pieno volto.
Il quarto, armato di arco, tenta di colpire con una freccia Merric, ma la piccola creatura è troppo agile. Con un balzo si allontana di mezzo metro, estrae la balestra e gli rende il favore colpendolo con un dardo alla gamba. Subito Rhogar gli si fa appresso e lo calcia a terra, facendogli perdere i sensi con un pugno ben assestato.
«Forza guardia! Forza! Oggi ti mostrerò il valore di Tyr!» esclama Talin dall’altra parte della stanza. Il miliziano davanti a lui tenta di colpirlo con una stoccata di lancia, che si infrange però contro la cotta del nano: «Tutto qui?» ghigna Talinn rispondendo al colpo con la sua ascia. Il tempo di qualche fendente e anche l’ultimo miliziano e a terra, svenuto.
Talinn si avvicina al vice-governatore e, scuotendolo, esclama: «Maledetto! Era una trappola, una trappola!».
«Io… io..» farfuglia il vice prima di perdere nuovamente i sensi.
«Lascialo stare Talinn, dubito c’entri con questa storia! Inseguiamo il Governatore, piuttosto!».
Il gruppo si lancia all’inseguimento. La porticina dà su uno stretto corridoio sul quale si affacciano alcune porte: solo l’ultima sembra essere aperta e i cinque si fiondano dentro. È una piccola camera da letto, con un letto a baldacchino rosso, un armadio e una scrivania di legno. Vicino al letto, Kairtos sta leggendo una pergamena, pronunciando parole in una lingua sconosciuta. qualche istante dopo, un cerchio blu lucente si materializza davanti a lui. Il Governatore lancia un’occhiata al gruppo, sorride beffardo, e con un passo entra nel cerchio, scomparendo al suo interno come dentro ad una botola.
Rhogar guarda l’incappucciato, facendogli cenno di controllare. L’incappucciato non replica e si avvicina al cerchio, analizzandolo senza toccarlo: «È un incantesimo di teletrasporto! Non so dirvi dove conduce: è magia potente! So che si chiuderà a breve...» esclama serio.
Il gruppo rimane interdetto qualche secondo. Poi, senza preavviso alcuno, l'incappucciato si lancia nel cerchio, sparendo. Talinn guarda gli altri ed esclama: «Per Tyr, non sono certo un vigliacco!» e lo segue. Anche Thork si fa avanti, senza proferire parola.
Merric si volta verso Rhogar: «Tu ovviamente vieni con noi?» domanda lasciando presagire la sua scelta.
Il dragonide sembra essere sulle spine. Fa un passo in avanti ma si blocca: si volta e si fionda verso l’armadio, lo apre ed esamina il contenuto.
«Cosa stai facendo?» esclama Merric «non c’è tempo per i vestiti!».
«Vogliamo solo vedere se… sì, ecco! Andiamo!» esulta nascosto dall’anta. torna indietro, fa cenno ai suoi servitori fuori dalla porta di non seguirlo e si lancia, sotto lo sguardo incredulo dell’halfling.

«Perché mi sono alzato dal letto stamattina?» si chiede la piccola creatura avanzando nel cerchio blu, un attimo prima che tutto inizi a vorticare.

Continua…